Intervistato dopo il sold out ad Amsterdam, Mahmood ha parlato della sua carriera e di quanto possa essere duro reggere il peso del successo.
Il 15 aprile Mahmood ha registrato il tutto esaurito al Paradiso, uno dei club più famosi di Amsterdam dove in passato si sono esibiti artisti come Pink Floyd, Rolling Stones, Nirvana, Amy Winehouse. Un risultato incredibile per il cantante che sembra sempre più avviato verso una carriera internazionale. Dopo il concerto Mahmood ha parlato con i giornalisti raccontando il suo rapporto con la fama ed il successo.
Mahmood: “La gavetta mi ha salvato”
Negli ultimi mesi, dopo quello che è successo a Sangiovanni, si è molto parlato dello stress a cui possono trovarsi sottoposti gli artisti, specialmente quelli più giovani. Secondo Mahmood “L’unica cosa che può salvarti è la gavetta, ti prepara, ti permette di capire cosa migliorare e perché non riesci a ottenere quel risultato“.
Mahmood ha poi raccontato di quando, anni fa, era un giovanissimo autore che cercava di farsi notare dalle case discografiche. Il percorso non è stato semplice: “Da un lato è stato devastante, nel 2018 i miei musicisti non volevano più scrivere con me, buttavamo pezzi, a un certo punto un discografico mi disse che una canzone era il pezzo più brutto che avessi mai scritto, ma credo sia stata una fortuna altrimenti non stavo qua“.
“Andavo tutti i pomeriggi in Universal.” – prosegue Mahmood – “Avevo scritto Uramaki e Presi male (poi cantata da Michele Bravi) e mi hanno firmato come autore. Nella prima session con Dario Dardust avevamo scritto Nero Bali, che è stata la prima hit che ho scritto“.
I no di Mahmood
Mahmood ha poi rivelato di essere stato costretto a rifiutare molte proposte: “È difficile contare i no di questi anni, sono importanti come i sì. Se dico no, comunque, è perché ho in mente cosa voglio fare, ho in testa l’immagine di me che voglio veicolare. Qual è il mio scopo? Durare più tempo possibile“.
Parlando di collaborazioni con i brand, il cantante ha detto: “Parliamo solo di brand che possono anche aiutarti a valorizzare un messaggio che vuoi portare. La prima cosa che guardo è se si può portare il progetto ad un’asticella più alta e solo a quel punto dico sì“.